La quesione meridionale raccontata con le immagini, una storia fatti di primati prima dell'Unità d'Italia.

Dopo l'articolo del giornalista del Sole 24 Ore, Francesco Pipitone, una raccolta di immagini che raccontano il nostro Meridione prima dell'Unità d'Italia, e le iniquità subite dal 1862 ad oggi, i personaggi che si sono avvicendati, le stragi, i lager, e le delocalizzazioni avvenute delle regie aziende Borboniche.


Il Regno delle Due Sicilie secondo “Il Sole 24 Ore”  di Francesco Pipitone

Prima ci ignoravano, adesso ci vogliono confutare: stiamo parlando di coloro, storici, economisti ed addetti ai lavori in generale, che si impegnano a smontare e sminuire le ricostruzioni storiche del periodo precedente all’Unità d’Italia, effettuata da studiosi che non accettano che si dicano quelle falsità secondo cui Garibaldi e Cavour sarebbero venuti a liberare il Sud dall’oppressore straniero, quel Sud estremamente arretrato, così arretrato che neanche 153 anni di Italia sono riusciti ad ammodernare. Il Meridione, secondo gli storici ufficiali, era assimilabile nel 1861 all’Africa, abitato da individui incivili, sporchi e rozzi, mentre chi afferma il contrario è subito etichettato come diffusore di frottole (vedi Alessandro Barbero) e spregiativamente “neoborbonico”.
Per fortuna, possiamo dire, esistono casi in cui lo stretto controllo in chiave antimeridionale viene meno e, così, accade che su “Il Sole 24 Ore”, del quale credo si possa dire che è tutt’altro che neoborbonico, esca un articolo di Giuseppe Chiellino che in merito agli eurobond afferma che nel 1861 il Regno delle Due Sicilie era paragonabile alla Germania di adesso. La riflessione di Chiellino prende spunto dal fatto che Angela Merkel, cancelliere tedesco, ha fatto tramontare l’ipotesi degli eurobond e si chiede se la decisione sia ascrivibile alla ricerca di Stéphanie Collet, storica della finanza della Université Libre de Bruxelles, la quale ha studiato gli effetti dell’unificazione del debito sovrano dei 7 Stati che costituirono il Regno d’Italia.
Nell’articolo, dall’eloquente titolo “Gli eurobond che fecero l’Unità d’Italia quando il Regno di Napoli era come la Germania”, si può leggere: A voler utilizzare le categorie di oggi, il Regno di Napoli economicamente era per l’Italia quello che oggi la Germania è per l’Eurozona«Come il Regno di Napoli prima dell’integrazione del debito sovrano, la Germania di oggi è l’economia più forte dell’eurozona e beneficia del costo del debito più basso in assoluto» scrive Collet. Considerazioni, queste, che faranno storcere il naso a molti, ma sicuramente non di parte. Del resto, come ricorda Collet, Napoli era di gran lunga la città più importante del neonato Regno d’Italia. E le regioni del Sud avevano una discreta struttura industriale, un’agricoltura fiorente sia pure basata sul latifondismo, e importanti porti commerciali”.
Il pezzo, che potete leggere integralmente sul sito de IlSole24ore.it, procede poi facendo intendere che la Merkel potrebbe voler evitare proprio ciò che accadde dal 1861 in poi al Mezzogiorno d’Italia, le conseguenze che conosciamo molto bene perché le subiamo quotidianamente. A questo punto due sono le ipotesi: o “Il Sole 24 Ore” è costituito da mistificatori neoborbonici, oppure qualcuno farebbe bene a parlare secondo ragione e coscienza.
Le immagini che seguono sono le prove di un sud tutt'altro che arretrato, prima dell'Unità d'Italia.

Pietrarsa a pochi chilometri da Napoli, vi era la prima azienda che in Italia produceva le locomotive,
 il  3 ottobre 1839  è inaugurata la prima ferrovia d’Italia da Napoli al Granatello di Portici. Nella foto lo stabilimento con gli operai qualificati della Regia Azienda Borbonica. Nella foto le maestranze e gli operai che costruivano le locomotive e i vagoni dei treni a Pietrarsa (Napoli) . Il senatore di Genova, Brombini, con l'ausilio dell'esercito sabaudo, fece smontare gli impianti e li trasferì a Genova, Nacque così l' ANSALDO. Molti di questi lavoratori tentarono di difendere il loro lavoro e la loro azienda, vi fu un eccidio, morirono molti operai. Il senatore genovese sostenne pubblicamente 

 “I MERIDIONALI NON DOVRANNO PIÙ ESSERE IN GRADO DI INTRAPRENDERE”. QUESTE FURONO LE SONANTI PAROLE PRONUNCIATE DA CARLO BOMBRINI, GOVERNATORE DELLA NEONATA BANCA NAZIONALE DEL REGNO D’ITALIA, ALL’ATTO DELLA PRESENTAZIONE DEL PIANO ECONOMICO FINANZIARIO CHE PREVEDEVA L’ALIENAZIONE DI TUTTI I BENI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE E LO SMANTELLAMENTO DELLE GRANDI INDUSTRIE DEL MEZZOGIORNO”



il museo delle locomotive a Pietrarsa, 


 Alberto Angela ha dedicato una puntata  alla prestigiosa azienda napoletana che dopo l'Unità d' Italia fu delocalizzata con la forza a Genova, e sulle cui ceneri nacque l'Ansaldo. Il senatore Genovese Brombini si occupò del trasferimento e i bersaglieri, quando gli operai si opposero e tentarono di salvare la loro azienda, non esitarono a sparare sui lavoratori, 


approfondimento sull'argormento :


https://www.fanpage.it/napoli/il-6-agosto-1863-la-strage-di-pietrarsa-4-operai-uccisi-in-uno-sciopero-contro-i-licenziamenti/



  
“Il Real Ponte Ferdinandeo” sul Garigliano: breve storia del primo ponte sospeso a catenaria di ferro costruito nella nostra Penisola. Il ponte Real Ferdinando: storia dell’opera al passo con i suoi tempi .       Lassate fa’ ‘o Guaglione!”.
Con queste poche parole re Francesco I di Borbone delle Due Sicilie li mise a tacere tutti, ministri e funzionari statali, che avevano iniziato a mettere in dubbio la fattibilità di un progetto per l’epoca arditissimo. Nel lontano 1828 infatti la costruzione sul fiume Garigliano di quello che, in tutta Europa, sarebbe stato il secondo ponte sospeso a catenaria di ferro, pareva ai più un’impresa destinata all’insuccesso.

Per giunta gli inglesi, che avevano da poco terminato la costruzione del primo e ne erano comprensibilmente gelosi, con le loro gazzette popolari ci stavano dando dentro! Lo “Illustrated London News” in particolare (cioè il “Sun” dei tempi nostri, quanto ad attendibilità) aveva espresso “vive perplessità sulle capacità progettuali dei napoletani” presagendo addirittura, da perfetto iettatore, “sicure vittime” nel caso in cui il progetto fosse stato portato a termine.  
Per loro sfortuna, però, il “Guaglione” in questione si chiamava Luigi Giura, un trentenne napoletano verace, ingegnere ed architetto, che proprio per evitare i problemi di cedimento strutturale paventati dagli inglesi e già verificatisi in altri Paesi (in particolare a Parigi, col “Pont Neuf”) aveva girato in quegli anni l’Europa in lungo ed in largo per farsi una chiara idea sullo “stato dell’arte” in quella delicata materia.
Quel bravo e scrupoloso ingegnere aveva così capito che il punto debole dei ponti consisteva non nella loro progettazione, bensì nell’eccessiva flessibilità della lega metallica utilizzata, che la rendeva troppo sensibile alle oscillazioni causate dal vento e dal peso. Se dunque forma e struttura del ponte erano nient’altro che il risultato quasi obbligato di una pur lunga serie di difficili equazioni matematiche, il problema principale era quello di limitare la flessibilità del metallo.

La soluzione la trovò sempre lui, l’ing. Giura, che senza bisogno di uscire dal suo Stato fece realizzare presso le fonderie calabre di Mongiana delle maglie ferrose fortemente nichelate, poi sottoposte ad uno speciale trattamento stirante eseguito con una macchina ad “asta tesa” da lui stesso inventata, che ne riduceva dell’80 % l’elasticità, a tutto vantaggio della rigidità richiesta in caso di sollecitazioni estreme.

Le Reali ferriere ed Officine di Mongiana  Villaggio Siderurgico di Mongiana o  Polo siderurgico di Mongiana  è stato un importante complesso siderurgico  realizzato a Mongiana (Calabria della dinastia dei Borbone di Napoli.

 Parte integrante del complesso industriale e militare del Regno delle Due Sicilie, e impianto di base per la produzione di materiali e semilavorati ferrosi (poi rifiniti sia in loco, che presso il polo siderurgico di Pietrarsa), arrivò nel 1860 a dare lavoro a circa 1500 operai, finì alla cessazione dell'attività nel 1881.

Nel 1814 direttore dello stabilimento fu l'ing. Nicolò Landi. In questo periodo si migliorano i forni fusori, vengono emessi regolamenti per lo sfruttamento boschivo, in più il polo venne restaurato e raddoppiato in dimensioni e la costruzione di un complesso più moderno dislocato nell'area delle Vecchie ferriere di StiloPiano della Chiesa. In questa zona si costruiscono nuove ferriere e una fonderia di cannoni e una fabbrica di fucili nella quale se ne fabbricavano solo i componenti. Fu potenziato il collegamento stradale tra le miniere di Pazzano e Mongiana. Migliorano anche le condizioni dei lavoratori: orario di lavoro ridotto, assistenza medica, pensione e istruzione pubblica.  


Fu potenziato il collegamento stradale tra le miniere di Pazzano e Mongiana. Migliorano anche le condizioni dei lavoratori: orario di lavoro ridotto, assistenza medica, pensione e istruzione pubblica.  


il fucile modello Mongiana 
un particolare del meccanismo di accensione della polvere da sparo.

Il bando di vendita delle acciaierie di Mongiana, nel mentre si chiudeva lo stabilimento a Brescia nasceva il polo industriale dell'acciaio italiano 








L'industria navale un primato mondiale, di Napoli, quando gli inglesi, notoriamente conosciuti come i signori del mare, solcavano le acque a vela, nel Regno delle due Sicilie si navigava sulle navi a vapore. A Castellammare di Stabia i cantieri più avanzati in Europa.  

Il cantiere navale di Castellammare di Stabia, già Regio Arsenale, è la più antica fabbrica di navi intesa in senso moderno. Venne realizzata e inaugurata al tempo dei Borbone  poi sovrani del Regno delle due Sicilie.

Il Primato sui mari che infastidiva gli inglesi. Il re Ferdinando IV nominò il giovane Acton, tenente generale, che fu posto a capo del Ministero del Commercio e Marina nel 1779 e, da uomo esperto di cose militari e di mare e conoscitore degli uomini e dei tempi, fu l'organizzatore sapiente della nuova Marina e inaugurò il secondo periodo di forte crescita della Marina napoletana.
In primo luogo, riordinò su solo due squadre la flotta: dei vascelli e degli sciabecchi. Acquistò vascelli e fregate, ma predispose anche un vasto programma di nuove costruzioni, ampliò il Collegio di Marina ed inviò alcuni giovani guardiamarina con altri ufficiali a prestare temporaneo servizio su navi delle maggiori marine militari europee. Fondò il famoso cantiere navale di Castellammare di Stabia, istituì un autonomo corpo di fanteria di marina, denominato Reggimento Real Marina.

Nel 1783, 1784 e 1785 una squadra della Marina Napoletana partecipò con l'Armata Spagnola e quella portoghese a bombardamenti su Algeri. Nel 1793 una squadra partecipò alla spedizione di Tolone in sostegno degli Inglesi, contribuendo in seguito al pattugliamento delle coste liguri e scontrandosi con le navi francesi al largo di Genova (Battaglia di Capo Noli).
Nel 1789 la Marina contava 39 navi armate di 962 cannoni, così ripartite:
3 vascelli di linea da 74 cannoni (Partenope, Ruggero, Tancredi)
1 vascello di linea da 60 cannoni (San Gioacchino)
6 fregate da 40 cannoni (Minerva, Cerere, Pallade, Sibilla, Sirena, Aretusa)
2 fregate da 36 cannoni (S. Teresa, S. Dorotea)
1 orca[4] da 36 cannoni (Pantera),
2 sciabecchi da 24 cannoni (S. Luigi, S. Antonio)
4 sciabecchi da 20 cannoni (Difensore, Robusto, Vigilante, Diligente)
5 corvette da 20 cannoni (Stabia, Flora, Aurora, Fortuna, Fama)
1 corvette da 12 cannoni (la Galatea, comando personale del re)
4 brigantini da 12 cannoni (Sparviero, Vulcano, Stromboli, Lipari),
10 galeotte da 3 cannoni (Vespa, Serpente, Levriera, Prudente, Rondine, Veloce, Attiva, Allerta, S. Gennaro, S. Francesco)
Sempre nello stesso anno 1789 l'organico contava:
4 capitani di vascello,
10 capitani di fregata,
un gran numero di ufficiali di grado inferiore,
270 marinai di posto fisso,
470 cannonieri,
2128 fanti di marina, raggruppati in 4 divisioni
ciascuna composta di 4 compagnie
La spesa totale per la Marina ammontava a 653.000 ducati, aumentati l'anno seguente di altri 250.000, aumentando ancora fino alla somma di 1.023.000 ducati nel 1790. Con questi soldi si potenziò ulteriormente il programma delle costruzioni, ordinando la costruzione di un vascello da 74 cannoni e di un gran numero di barche cannoniere, fino a giungere a 140 in pochi anni.


Il comparto tessile nel sud

Camilleri spiega quel crimine che qualcuno ancora chiama “Unità d’Italia”: Quando fu fatta l’Italia noi in Sicilia avevamo 8000 telai, producevamo stoffa. Nel giro di due anni non avevamo più un telaio. Funzionavano solo quelli di Biella. E noi importavamo la stoffa. E ancora oggi è così”.

Andrea Camilleri, scrittore siciliano famoso in principal modo per i romanzi aventi come protagonista il commissario Montalbano, da cui è stata prodotta una serie televisiva, pronunciò le parole sopra riportate in un’intervista concessa a Roberto Cotroneo nel 2008, che prendendo le mosse dalla situazione politica di allora, lo scontro tra l’appena nato Partito Democratico guidato da Veltroni e Silvio Berlusconi, ha toccato le corde della questione meridionale e dell’Unità d’Italia. Senza giri di parole Andrea Camilleri denunciò il fatto che il Mezzogiorno non è altro che una colonia destinata a soccombere sempre di più, poiché rende man mano di meno e non può essere utile alla gestione politica quale è dal 1860:
“Io penso che nel 2008 l’operazione colonialista, iniziata subito dopo l’Unità d’Italia nei riguardi del Sud, sia arrivata al punto finale: questa colonia del Sud rendendo sempre di meno, sempre di più viene abbandonata a se stessa. E la colonia del Sud è come se non facesse parte dell’Italia, come qualche cosa di aggiunto all’Italia. Però se poi vado a vedere chi costituisce la mente direttiva delle industrie del nord, dell’informazione del nord, mi accorgo che sono dei meridionali. E allora mi sento in dovere di chiedere una quantificazione in denaro delle menti meridionali che promuovono il Nord. Voglio metterlo sul piatto della bilancia. Voglio vedere quanto può valere il cervello di un industriale meridionale che lavora e produce ricchezza al Nord”.

Cervelli del Nord che producono ricchezza
 al Sud non esistono per Camilleri, il quale ha anche la spiegazione di tale circostanza:“La spiegazione risale al 1860. Quando una rivoluzione contadina venne chiamata brigantaggio. Per cui uccisero 17 mila briganti che non esistono da nessuna parte del mondo. Ed erano invece contadini in rivolta, o ex militari borbonici. Tutto già da allora ha preso una piega diversa. 

Una mia ipotesi, molto probabilmente quei telai furono la fortuna del polo tessile di Biella, e con i telai furono deportate anche le tessitrici. 


nella foto le raccoglitrici per la produzione della seta 

dalla Cina poi la bacocultura è arrivata in Europa grazie ai Bizantini. Dopo la conquista della Sicilia da parte degli Arabi, la regione divenne sede di ingenti coltivazioni di bachi da seta, tanto da diventare l'attività più redditizia di tutta 
la zona: i prodotti lavorati in Sicilia furono esportati in tutto il mondo e furono molto apprezzati soprattutto dalle classi nobili, soppiantando la supremazia cinese nel settore. Nacque addirittura lo stile "alla siciliana", molto richiesto grazie alla sua bellezza.




l'industria tessile nel 1800. La Sicillia esportava in tutta Europa sete di pregio, molto ricercate dalla nobiltà del tempo. 





I telai nelle del tempo rappresentavano un esempio di azienda a conduzione famigliare, che era  una fonte di reddito importante, Verga nei suoi Malavoglia col suo verismo ritrae la povertà dei siciliani che potevano dedicarsi solo alla pesca e all'agricoltura per i bisogni della famiglia, dopo l'Unità d'Italia. 



Altri primati 


La prima lavatrice nel Regno delle due Sicilie. 








Il San Carlo di Napoli, il primo teatro importante sul territorio nazionale.






il primo telegrafo nel 1852 nel Regno delle due Sicilie 









 

Nel 1840 si attiva la prima illuminazione pubblica di Napoli.  Nel 1843 era stata introdotta l'illuminazione a gas anche a Venezia e nel 1845 a Firenze e Verona e Milano, Il 5 settembre 1846 venne inaugurato il servizio a Genova









Quello strano oggetto a forma di chitarra”: la storia del bidet, Savoia contro Borbone

Il primo catino di metallo e legno presente in Italia è nella Reggia di Caserta: l'oggetto è stato più volte strumento di scontro tra nord e sud.

Dei tanti primati riconosciuti alla dinastia dei Borbone delle due Sicilie, che governarono Napoli per oltre 130 anni – il primo orto botanico, il primo osservatorio astronomico, la prima illuminazione a gas di una città italiana, la prima Locomotiva a vapore,  anche "uno strano oggetto a forma di chitarra”. Si narra sia stato questo il commento dei Savoia di fronte al bidet che la regina di Napoli Maria Carolina d’Asburgo-Lorena si era fatta sistemare nel suo bagno privato all’interno della Reggia di Caserta. L’esemplare in questione, di cui ha raccontato anche Alberto Angela nel suo speciale televisivo sulla Reggia vanvitelliana, è composto da un catino di metallo montato su una struttura di legno e la definizione della famiglia piemontese sarebbe contenuta nell’inventario dei beni ritrovati nella Reggia. Si tratta certamente del primo bidet di cui si ha traccia in Italia: sulle reali origini di questo oggetto, però, la diatriba è aperta da tempo.

Usato più volte come oggetto di "scontro culturale" tra Nord e Sud - tanto per citare un episodio, quello che ha coinvolto il torinese Massimo Gramellini in uno scontro verbale con il giornalista campano Roberto Saviano, all’indomani del servizio scandalo del Tgr Piemonte in cui il giornalista Amandola, poi sospeso, parlava di “napoletani che puzzano”.


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