I Savoia precursori dei campi di concentramento, i lager dove internarono i soldati fedeli al loro Re, oltre gli eccidi nei paesi che occupavano dopo aver razziato tutto quel che potevano.

I Savoia precursori dei campi di concentramento, dove fecere internare migliaia di giovani soldati borbonici fedeli al loro Re. 


Migliaia di Meridionali internati dai Savoia in due lager del Nord. Nell’impossibilità di rinchiudere i ribelli Meridionali in una Guantanomo lontana, i Piemontesi trovarono una «valida» alternativa: i lager. «Nell’archivio dello Stato maggiore dell’Esercito ci sono le prove che, Migliaia di Meridionali internati dai Savoia in due lager del Nord.
Infatti tra il 1861 e il 1870, 30mila giovani meridionali, tutti soldati del Regno delle Due Sicilie, furono deportati in due lager piemontesi». Ad affermarlo è Fulvio Izzo, storico e vice direttore generale dell’ufficio scolastico regionale delle Marche.
Lo studioso si riferisce al carcere di Fenestrelle e al «campo di concentramento » di San Maurizio Canavese (a una ventina di chilometri Torino). Di quest’ultimo, non si sa moltissimo. Secondo Izzo, era «nato come campo d’esercitazione», poi, dopo l’Unità d’Italia, era stato riattato a campo di «rieducazione e prigionia dei giovani meridionali».

Fenestrelle, invece, è ancora tutto lì ed è un luogo che fa spavento. È una struttura di 1.300.000 mq, un forte che - trovandosi a un tiro di schioppo dalla Francia - fu inizialmente concepito per difendere il confine. I suoi edifici ringhiosi di montagna (lì si superano i 3mila metri), le feritoie e quella bava di scale di roccia che sale tra i dirupi colpirono persino Edmondo De Amicis che lo definì «necropoli guerresca ». E De Amicis, va detto a vantaggio di chi non lo sapesse, non era certo tipo facilmente impressionabile. Il papà del libro «Cuore» - prima d’inforcare la penna - aveva passato la vita sul campo di battaglia. Era un ufficiale sabaudo.
Secondo le ricerche di Izzo, a finire nei
lager piemontesi «furono ragazzi del Sud tra i 20 e i 30 anni. Erano soldati semplici e bassa ufficialità, che non vollero giurare fedeltà ai Savoia dopo aver giurato Risorgimento Briganti per i Borbone. Mentre, invece, praticamente tutti gli alti ufficiali dell’esercito duosiciliano passarono ai sabaudi». Ecco, quindi, perché migliaia di giovani vennero messi in ceppi e mandati in «campi di prigionia e rieducazione», perché «un uomo vero non è spergiuro», chiosa Izzo. Per fiaccare le loro resistenze ad aderire al nuovo regime, pare che i Piemontesi siano stati piuttosto duri coi soldati del Mezzogiorno.

Lo studioso ha raccolto l’esito delle sue ricerche storiche in un libro («I lager dei Savoia. Storia infame del Risorgimento nei campi di concentramento per meridionali») che è stato pubblicato dalla casa editrice napoletana Controcorrente. «Quella lettura mi ha molto colpito - dice Antonio Pagano, direttore della rivista “Due Sicilie” - così sono andato personalmente a Fenestrelle. Sono rimasto scioccato. Ci sono ancora i ceppi con le catene e quei vasconi che i Piemontesi usavano per far sparire i cadaveri dei prigionieri. Li riempivano di calce. Che immagine terribile».

Due dati inconfutabili. Il primo è che su quelle mura che chissà quante urla avranno attutito, campeggia la tetra scritta «Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce ». Una suggestione nera, che colpisce come un pugno e che porta a galla il ricordo di un altro posto da incubo: il campo di sterminio di Auschwitz e quell’«Arbeit macht frei», cioè «Il lavoro rende liberi», monito per l’umanità a ricordare, a non dimenticare. Il secondo dato inconfutabile è che questo «lager» di italiani meridionali è stato completamente rimosso dalla storia nazionale. Di quest’ultimo, non si sa moltissimo.
                                                                                     
Fulvio Izzo laureato in scienze politiche e giurisprudenza, scrittore e ricercatore, storico e vice direttore generale dell’ufficio scolastico regionale delle Marche.

Altri studiosi e ricercatori su questo tema sono Del Boca e Pino Aprile


Lorenzo del Boca
Giornalista e saggista, già presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti e vicepresidente della Fondazione del Salone del Libro di Torino. Laureato in Filosofia e Scienze politiche, ha incentrato la sua occupazione di divulgatore storico e scrittore in particolare sul periodo risorgimentale. 

Tra i suoi titoli di successo, 
  • Maledetti Savoia
  • Indietro Savoia!,
  •  PolentoniL’Italia bugiarda
  • Maledetta guerra 
  • Il sangue dei terroni





Pino Aprile, nato Gioia del Colle, cresciuto a Taranto, poi trasferitosi ai Castelli Romani, dove vive, e per alcuni anni a Milano. Sposato, due figlie, un nipote, qualche gatto, un cane, una barca a vela, e una biblioteca di undicimila volumi, cui è stata imposta (con donazioni mirate) una cura dimagrante. 

Giornalista, ha lavorato in Rai al settimanale di approfondimento del Tg1, TV7, e con Sergio Zavoli, nell’inchiesta a puntate “Viaggio nel Sud”; a vent’anni era già cronista alla “Gazzetta del Mezzogiorno”, interrompendo gli studi di Fisica alla Sapienza, Roma (inutili le iscrizioni a Lettere Moderne, Lecce, e a Scienze Politiche, Bari); è stato vicedirettore di “Oggi” e direttore di “Gente”; velista, ha diretto il mensile “Fare Vela”. La professione lo ha portato ovunque nel mondo e gli ha fatto incontrare i grandi del Novecento. Fu il primo a intervistare in carcere Alì Agca, l’attentatore di papa Giovanni Paolo II; l’unico a realizzare un reportage nell’allora impenetrabile Albania di Enver Hoxha e a venirne fuori; l’unico a intervistare Nicu Ceausescu dopo la rivoluzione rumena; raggiunse i khmer rossi nella giungla cambogiana, quando non si sapeva più se fossero stati o no sterminati e in Germania il 9 novembre 1989 (lì, per puro caso!) vide cadere il muro di Berlino.
Scrittore di libri tradotti in diversi Paesi: il primo, per immeritevole spinta del premio Nobel Konrad Lorenz, “Elogio dell’imbecille”, nel 1997, sui meccanismi di moltiplicazione della stupidità, è stato a lungo best seller in Spagna (un caso editoriale), mentre in Giappone la prima edizione fu pensata per i manager delle multinazionali; poi, “Elogio dell’errore”, “Il trionfo dell’apparenza”; tre libri di mare e vela: “Il mare minore”, “A mari estremi”, “Mare uomini e passioni”.

 Come studioso  ricercatore instancabile  negli archivi  di Stato , ha scritto: 
  • Terroni”, rilettura non fiabesca dell’Unità d’Italia e della Questione meridionale, nel 2010, ha fatto registrare tirature che non si vedevano da mezzo secolo, con centinaia di ristampe, decine di premi (“Uomo dell’anno”, nel 2011, a New York, dopo la traduzione in inglese) e dopo quasi dieci anni resta fra i 100 titoli più venduti, pur avendo superato da tempo il mezzo milione di copie (cifra spropositata per saggi storico-politici); 









  •  “Giù al Sud” ne ha quasi replicato il successo e l’aggiunta di 













  • Mai più terroni”, 
  • “Il Sud puzza”, 
  • “Terroni ‘ndernescional”, 

  •    “Carnefici”, 












  • Attenti al Sud” (con Maurizio de Giovanni, Mimmo Gangemi e Raffaele Nigro”) hanno trasformato l’opera di Aprile in un fenomeno più politico che editoriale. 
  • “L’Italia è finita” porta a maturazione un’analisi della malaunità del Paese esposta ininterrottamente per circa dieci anni, nelle sue diverse manifestazioni (economia, politica, società, cultura, narrazione storica).










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