I Primati nel Regno delle Due Sicilie secondo “Il Sole 24 Ore” di Francesco Pipitone
Il Regno delle Due Sicilie secondo “Il Sole 24 Ore” di Francesco Pipitone
" Prima ci ignoravano, adesso ci vogliono confutare: stiamo parlando di coloro, storici, economisti ed addetti ai lavori in generale, che si impegnano a smontare e sminuire le ricostruzioni storiche del periodo precedente all’Unità d’Italia, effettuata da studiosi che non accettano che si dicano quelle falsità secondo cui Garibaldi e Cavour sarebbero venuti a liberare il Sud dall’oppressore straniero, quel Sud estremamente arretrato, così arretrato che neanche 153 anni di Italia sono riusciti ad ammodernare. Il Meridione, secondo gli storici ufficiali, era assimilabile nel 1861 all’Africa, abitato da individui incivili, sporchi e rozzi, mentre chi afferma il contrario è subito etichettato come diffusore di frottole (vedi Alessandro Barbero) e spregiativamente “neoborbonico”.
Per fortuna, possiamo dire, esistono casi in cui lo stretto controllo in chiave antimeridionale viene meno e, così, accade che su “Il Sole 24 Ore”, del quale credo si possa dire che è tutt’altro che neoborbonico, esca un articolo di Giuseppe Chiellino che in merito agli eurobond afferma che nel 1861 il Regno delle Due Sicilie era paragonabile alla Germania di adesso. La riflessione di Chiellino prende spunto dal fatto che Angela Merkel, cancelliere tedesco, ha fatto tramontare l’ipotesi degli eurobond e si chiede se la decisione sia ascrivibile alla ricerca di Stéphanie Collet, storica della finanza della Université Libre de Bruxelles, la quale ha studiato gli effetti dell’unificazione del debito sovrano dei 7 Stati che costituirono il Regno d’Italia.
Nell’articolo, dall’eloquente titolo “Gli eurobond che fecero l’Unità d’Italia quando il Regno di Napoli era come la Germania”, si può leggere: A voler utilizzare le categorie di oggi, il Regno di Napoli economicamente era per l’Italia quello che oggi la Germania è per l’Eurozona. «Come il Regno di Napoli prima dell’integrazione del debito sovrano, la Germania di oggi è l’economia più forte dell’eurozona e beneficia del costo del debito più basso in assoluto» scrive Collet. Considerazioni, queste, che faranno storcere il naso a molti, ma sicuramente non di parte. Del resto, come ricorda Collet, Napoli era di gran lunga la città più importante del neonato Regno d’Italia. E le regioni del Sud avevano una discreta struttura industriale, un’agricoltura fiorente sia pure basata sul latifondismo, e importanti porti commerciali”.
Il pezzo, che potete leggere integralmente sul sito de IlSole24ore.it, procede poi facendo intendere che la Merkel potrebbe voler evitare proprio ciò che accadde dal 1861 in poi al Mezzogiorno d’Italia, le conseguenze che conosciamo molto bene perché le subiamo quotidianamente. A questo punto due sono le ipotesi: o “Il Sole 24 Ore” è costituito da mistificatori neoborbonici, oppure qualcuno farebbe bene a parlare secondo ragione e coscienza.
Le immagini che seguono sono le prove di un sud tutt'altro che arretrato, prima dell'Unità d'Italia.
Il museo delle locomotive, le prime costruite in Italia, 80 anni prima della nascita della Fiat.
Con queste poche parole re Francesco I di Borbone delle Due Sicilie li mise a tacere tutti, ministri e funzionari statali, che avevano iniziato a mettere in dubbio la fattibilità di un progetto per l’epoca arditissimo. Nel lontano 1828 infatti la costruzione sul fiume Garigliano di quello che, in tutta Europa, sarebbe stato il secondo ponte sospeso a catenaria di ferro, pareva ai più un’impresa destinata all’insuccesso.
Per giunta gli inglesi, che avevano da poco terminato la costruzione del primo e ne erano comprensibilmente gelosi, con le loro gazzette popolari ci stavano dando dentro! Lo “Illustrated London News” in particolare (cioè il “Sun” dei tempi nostri, quanto ad attendibilità) aveva espresso “vive perplessità sulle capacità progettuali dei napoletani” presagendo addirittura, da perfetto iettatore, “sicure vittime” nel caso in cui il progetto fosse stato portato a termine. @trentaminuti > Storia > Curiosità della storia > “Il Real Ponte Ferdinandeo” sul Garigliano: breve storia del primo ponte sospeso a catenaria di ferro costruito nella nostra Penisola
“Il Real Ponte Ferdinandeo” sul Garigliano: breve storia del primo ponte sospeso a catenaria di ferro costruito nella nostra Penisola
12 Agosto 2020Anselmo Pagani
Il ponte Real Ferdinando: storia dell’opera al passo con i suoi tempi
Lassate fa’ ‘o Guaglione!”.
Con queste poche parole re Francesco I di Borbone delle Due Sicilie li mise a tacere tutti, ministri e funzionari statali, che avevano iniziato a mettere in dubbio la fattibilità di un progetto per l’epoca arditissimo. Nel lontano 1828 infatti la costruzione sul fiume Garigliano di quello che, in tutta Europa, sarebbe stato il secondo ponte sospeso a catenaria di ferro, pareva ai più un’impresa destinata all’insuccesso.
Per giunta gli inglesi, che avevano da poco terminato la costruzione del primo e ne erano comprensibilmente gelosi, con le loro gazzette popolari ci stavano dando dentro! Lo “Illustrated London News” in particolare (cioè il “Sun” dei tempi nostri, quanto ad attendibilità) aveva espresso “vive perplessità sulle capacità progettuali dei napoletani” presagendo addirittura, da perfetto iettatore, “sicure vittime” nel caso in cui il progetto fosse stato portato a termine.
Per loro sfortuna, però, il “Guaglione” in questione si chiamava Luigi Giura, un trentenne napoletano verace, ingegnere ed architetto, che proprio per evitare i problemi di cedimento strutturale paventati dagli inglesi e già verificatisi in altri Paesi (in particolare a Parigi, col “Pont Neuf”) aveva girato in quegli anni l’Europa in lungo ed in largo per farsi una chiara idea sullo “stato dell’arte” in quella delicata materia.
Quel bravo e scrupoloso ingegnere aveva così capito che il punto debole dei ponti consisteva non nella loro progettazione, bensì nell’eccessiva flessibilità della lega metallica utilizzata, che la rendeva troppo sensibile alle oscillazioni causate dal vento e dal peso. Se dunque forma e struttura del ponte erano nient’altro che il risultato quasi obbligato di una pur lunga serie di difficili equazioni matematiche, il problema principale era quello di limitare la flessibilità del metallo.
La soluzione la trovò sempre lui, l’ing. Giura, che senza bisogno di uscire dal suo Stato fece realizzare presso le fonderie calabre di Mongiana delle maglie ferrose fortemente nichelate, poi sottoposte ad uno speciale trattamento stirante eseguito con una macchina ad “asta tesa” da lui stesso inventata, che ne riduceva dell’80 % l’elasticità, a tutto vantaggio della rigidità richiesta in caso di sollecitazioni estreme.
Il primato sui mari
Le famiglie del Sud inviano ogni anno per mantere i propri figli agli studi al Nord 7 miliardi.
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